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							Misure di prevenzione e controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 Aggiornamento del 13 marzo 2021 in tema di varianti e vaccinazioni
•	La circolazione delle varianti richiede una modifica delle misure di prevenzione e protezione non farmacologiche (distanziamento fisico, mascherine, igiene delle mani) in ambito comunitario e assistenziale? 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha modificato, al momento, le raccomandazioni sull’uso dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuali), dispositivi medici e altre misure di prevenzione e controllo e di salute pubblica. Sono state identificate alcune condizioni che si associano a un aumentato rischio di contagio e relativa infezione con una nuova variante virale: 
	contatto con un caso confermato COVID-19 da variante sospetta/confermata; 
	arrivo da zona o paese in cui sia nota la circolazione di nuove varianti; 
	presenza di un cluster costituito da un caso iniziale di COVID-19 e numerosi casi secondari tali da suggerire un’aumentata trasmissione virale.
Relativamente al distanziamento fisico, si ritiene che un metro rimanga la distanza minima da adottare e che sarebbe opportuno aumentare il distanziamento fisico fino a due metri, laddove possibile e specialmente in tutte le situazioni nelle quali venga rimossa la protezione respiratoria.
•	Come orientarsi tra i differenti test a disposizione?
Per garantire la diagnosi d’infezione sostenuta da varianti virali con mutazioni nella proteina spike, i test diagnostici molecolari real-time PCR devono essere multi-target. Per i test diagnostici molecolari si raccomanda di utilizzare come sistema di diagnosi in real-time PCR un test multi-target ovvero capace di rilevare più geni del virus e non solo il gene spike (S) che potrebbe dare risultati negativi in caso di variante con delezione all’interno del gene S, 11,12 quale la variante VOC 202012/01 (denominata anche B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito.
•	Quali vaccini sono attualmente disponibili e che grado di copertura hanno?
Al momento sono tre i vaccini approvati dalla European Medicines Agency (EMA) e autorizzati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nel nostro Paese.
Il vaccino Comirnaty della BioNtech/Pfizer protegge al meglio dalla malattia COVID-19 sintomatica a partire da circa una settimana dopo la somministrazione della seconda dose di vaccino, che deve essere somministrata a distanza di 3 settimane (21 giorni) dalla prima dose. Tuttavia, le evidenze mostrano una certa protezione anche dopo una decina di giorni dalla prima dose. 
Il vaccino Moderna prevede due dosi a distanza di 4 settimane l’una dall’altra (28 giorni) e la protezione risulta ottimale a partire da due settimane dopo la seconda dose.
Infine, per quanto riguarda il vaccino prodotto da AstraZeneca, la protezione inizia circa 3 settimane dopo la somministrazione della prima dose e persiste fino alla dodicesima settimana, quando deve essere somministrata la seconda dose di vaccino.
Gli studi clinici hanno dimostrato l’efficacia dei vaccini nella prevenzione delle forme clinicamente manifeste di COVID-19, anche se la protezione, come per molti altri vaccini, non è del 100%. Inoltre, non è ancora noto quanto i vaccini proteggano le persone vaccinate anche dall’acquisizione dell’infezione. Ciononostante, è noto che la capacità di trasmissione da parte di soggetti asintomatici è inferiore rispetto a quella di soggetti con sintomi, in particolare se di tipo respiratorio. 
Non è ancora noto quale sia l’impatto delle varianti per la protezione nei confronti delle forme di malattia severa, con ospedalizzazione ed esito letale.
Per nessuno dei vaccini in utilizzo è nota al momento la durata della protezione ottenuta con la vaccinazione.
•	I lavoratori vaccinati, inclusi gli operatori sanitari, devono mantenere l’uso dei DPI e dei dispositivi medici, l’igiene delle mani, il distanziamento fisico e le altre precauzioni sul luogo di lavoro?
Tutti i lavoratori, inclusi gli operatori sanitari, devono continuare a utilizzare rigorosamente i DPI, i dispositivi medici prescritti, l’igiene delle mani, il distanziamento fisico e le altre precauzioni secondo la valutazione del rischio, indipendentemente dallo stato di vaccinazione e aderire a eventuali programmi di screening dell’infezione. Non è possibile al momento escludere un rischio di contagio anche in coloro che sono stati vaccinati.
•	Una persona vaccinata, al di fuori dell’ambiente di lavoro, deve continuare a rispettare le misure di prevenzione per la trasmissione del virus (distanziamento fisico, mascherine, igiene delle mani)? 
Una persona vaccinata con una o due dosi deve continuare a osservare tutte le misure di prevenzione quali il distanziamento fisico, l’uso delle mascherine e l’igiene delle mani, poiché, come sopra riportato, non è ancora noto se la vaccinazione sia efficace anche nella prevenzione dell’acquisizione dell’infezione e/o della sua trasmissione ad altre persone.
•	Se una persona vaccinata con una o due dosi viene identificata come contatto stretto di un caso positivo, bisogna adottare le misure previste per i contatti stretti?
Se una persona viene in contatto stretto con un caso positivo per SARS-CoV-2, secondo le definizioni previste dalle Circolari del Ministero della Salute, questa deve essere considerata un contatto stretto anche se vaccinata, e devono, pertanto, essere adottate tutte le disposizioni prescritte dalle Autorità sanitarie. Si mantiene la deroga alla quarantena per il personale sanitario, con il rispetto delle misure di prevenzione e protezione dell’infezione, fino a un’eventuale positività ai test di monitoraggio per SARS-CoV-2 o alla comparsa di sintomatologia compatibile con COVID-19.
•	I programmi di screening dell’infezione degli operatori sanitari, inclusi quelli delle strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie, devono essere modificati dopo l’introduzione della vaccinazione?
Alla luce delle conoscenze acquisite, non si ritiene, al momento, di dovere modificare i programmi di screening dell’infezione da SARS-CoV-2 in atto per gli operatori sanitari mantenendo inalterata la frequenza dei test.
•	I contatti stretti di un caso di COVID-19 quando possono essere vaccinati?
I contatti stretti di COVID-19 dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni secondo quanto previsto dalle normative ministeriali vigenti prima di potere essere sottoposti a vaccinazione.
•	Chi ha avuto il COVID-19 deve comunque vaccinarsi? È a rischio di avere delle reazioni avverse più frequenti o gravi al vaccino?
La vaccinazione anti-COVID-19 si è dimostrata sicura anche in soggetti con precedente infezione da SARS-CoV-2, e, pertanto, può essere offerta indipendentemente da una pregressa infezione sintomatica o asintomatica da SARS-CoV-2. Ai fini della vaccinazione, non è indicato eseguire test diagnostici per accertare una pregressa infezione. È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino anti-COVID-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno 3 mesi di distanza dalla documentata infezione e, preferibilmente, entro i 6 mesi dalla stessa. Fanno eccezione i soggetti che presentino condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici.
Gli uffici SI.AM. sono come sempre a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento
